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La solitudine dei duplicati del pst

In Italia quando decidono di fare una riforma, la fanno bene.

Ovvio che scherzo, non vi allarmate.

Prendete il PCT, ovvero il “Processo Civile Telematico”: già il nome è sbagliato. Doveva essere indicato come “Processo Civile con Modalità Telematica”. Altrimenti prima di questa riforma (epocale), in che cosa operavamo ? nel “Processo Civile Stilografico” ?

Prendete ora la più recente riforma nella riforma del PCT. Il DUPLICATO!

Tutti preoccupati a trovare la formula più adatta, con i richiami normativi lunghissimi, anche riportati su (costosi) timbri personalizzati, per attestare la conformità degli atti estratti dal web, e poi ? lavoro vanificato nello scorso fine settimana del 28/29 marzo con l’aggiornamento del “pst.giustizia”. Il ministero della Giustizia, infatti, nel proprio sito (pirata ?) ha introdotto un’opzione che consente di poter scaricare il “duplicato informatico”, ovverosia un vero e proprio originale e non una semplice copia informatica.

Differenza non da poco se poi quel provvedimento scaricato si intende notificare ad altre parti.

Da giovani praticanti si tremava all’idea di arrivare allo studio con la copia per la notifica priva dei timbri di congiunzione, della firma del cancelliere sull’originale o di quella sulla copia per notifica: voleva dire tornare nuovamente in Tribunale, fare altra fila etc.

Oggi non è più così. Gli atti ce li scarichiamo dal web. Bene! Ma quali atti ?

Oggi motivo di dubbio sono le coccardine in basso a destra e la scritta in blu in alto con indicazione del cronologico e degli altri dati del provvedimento. Ci devono stare, oppure no ?

Bè, ci dovranno stare… forse (nel dubbio è meglio che una cosa ci sia rispetto all’ipotesi che possa mancare).

Allora fate una verifica.

Prendete il pc, entrate con la vostra chiavetta nel “pst.giustizia”, scegliete un provvedimento da scaricare dei vostri fascicoli informatici e cliccate sul [+] di lato: si aprirà una finestra con la scelta se scaricare il file come “duplicato” (opzione predefinita, default direbbero gli informatici), ovvero una “copia informatica” e la relativa “impronta” (ma attenzione, elaborata non con l’algoritmo “SHA256”, ma con “MD5” ritenuto dagli esperti già vecchio).

Ebbene, non c’è la coccardina, e manca anche la scritta in blu in alto con il numero del cronologico. Ma è un DUPLICATO! Non c’è dubbio. Ce lo dice il Ministero.

“Ancora con questa coccardina”. Già vi sento mormorare. Per carità, a me non interessa. Sono anch’io convinto che se l’atto è un duplicato e se è stato estratto dal fascicolo informatico non è necessario che venga visualizzata quell’immagine (convenzionale) che nulla ha a che fare con la sottoscrizione digitale effettuata dal Giudice.

Firma del Giudice che peraltro non posso verificare giacché invisibile ai programmi di verifica (il mio è Dike).

Se vado ora su “accessogiustizia”, detto anche “Quadra” di Lextel (programma privato convenzionato con il mio Ordine forense, che per qualche incomprensibile motivo funziona bene anche quando il sito ufficiale del MinGiustizia è fermo) noterete che il medesimo fascicolo informatico da voi prima scelto con il sito del Ministero avrà anche quello il documento che avete già scaricato con l’altro accesso, ma non vi darà l’opzione (quella del pst con il [+]) ma una immagine posta di lato al provvedimento. Cliccandoci sopra, quindi scaricando il file, si salverà il provvedimento sul locale e, per magia, comparirà sia la coccardina e la scritta blu in alto con il cronologico e gli altri dati.

Ma allora il dubbio è lecito: quale dei due file notifico ?

Potrò scegliere Il file estratto dal “pst” del Ministero, provvedimento che è indicato come “duplicato” ma che non ha segni distintivi (coccardina e scritta in blu). Oppure notifico lo stesso file scaricato però da “accessogiustizia”, provvedimento però (a questo punto) in copia conforme per il quale non si ha l’impronta di riferimento, recuperabile con diversi programmi privati esterni.

Ad oggi è così. Ma non è detto che le cose non possono cambiare. In peggio, si intende.

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D.L. 90/2014 (GU 144/14)

Finalmente è arrivato il tanto sospirato decreto o (deCretino) che, tra l’altro, rinvia con gradualità l’obbligo del deposito telematico e in generale della gestione telematica del processo.

L’analisi sul provvedimento dedicato al PCT lo lascio volentieri ai Colleghi più “Telematici” (e di sicuro più esperti) di me in materia, i quali già tanto hanno scritto e tanto scriveranno sul tema. Sull’argomento mi limito ad apprezzare l’attribuzione del potere di autentica a favore, tra l’altro, degli avvocati (art. 52, co. 1 lett. a). Autentica che riguarda tutti gli atti processuali del PCT, ad esclusione dei provvedimenti “che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all’ordine del giudice“: tra questi non dovrebbero rientrare le ordinanze di assegnazione di somme di denaro, ove il GE “assegna” le somme e non “autorizza il prelievo”. 

Detto ciò, vorrei evidenziare alcuni aspetti introdotti dal D.L. 90/14 che, giocoforza, vengono rilegati in secondo piano a favore della dirompente introduzione “spacchettata” del PCT.

Inizio con l'”Ufficio del processo”. Dopo le sezioni stralcio e i GOA, riemerge la tecnica dell’ufficio alternativo, quello in fondo al corridoio, seminascosto, con esclusiva competenza per l’arretrato civile, in cui giovani tirocinanti, GOT e “il personale di cancelleria” garantiranno sicuramente la migliore giustizia possibile.

Tralascio l’aumento del contributo unificato (ma se il PCT serve soprattutto ad abbassare i costi del personale, e quindi della giustizia, perché il C.U. aumenta ?), visto che è risaputo che ogni occasione normativa è buona per introdurre l’aumento di turno; passerei invece alle notifiche PEC ex L. 53/94, svincolate dall’autorizzazione del COA di appartenenza e (quindi) dall’obbligo di acquisto del (superfluo, per le notifiche telematiche) registro delle notifiche in proprio, con buona pace di Buffetti.

Vorrei tediarvi (e tediarmi) con la questione del prepensionamento dei magistrati, ma apparirei troppo di parte (ma non indovinerete mai quale), lanciando un dubbio: un Prof. universitario di diritto, ad un recente convegno, si lamentava che, al massimo, avrebbe guadagnato una frazione di quello che guadagnano suoi colleghi magistrati. Ciò in virtù di una norma (che ancora non riesco a trovare) che garantirebbe ai giudici, professori universitari, di guadagnare fino a 4 volte tanto rispetto ai pari grado non togati. Sarà vero ? Mi devo documentare. Sta di fatto che non se parla assolutamente. E la cosa mi insospettisce.

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