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La sospensione feriale nasce dalla necessità d’assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati

Hanno ridotto la sospensione feriale da 46 a 26 giorni (dal 6 al 31 agosto di ogni anno – art. 16, comma 1 del DL 132/14, ma dal 2015 – comma 3).
Sembra si siano lamentati i magistrati, mentre gli avvocati pare non abbiano commentato. In realtà avrebbero dovuto dolersi, almeno stando a sentire la Corte Costituzionale.
L’istituto della sospensione dei termini processuali in periodo feriale nasce dalla necessità d’assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati e procuratori legali. Tale scopo va, tuttavia, perseguito senza ledere interessi “preminenti”, nei limiti, cioè, della gerarchia dei beni e valori giuridicamente tutelati; per queste ragioni, come ha sottolineato la sentenza di questa Corte n. 130 del 1974, il legislatore del 1969, come già quello del 1965, non potendo sacrificare allo scopo dell’istituto in discussione “le situazioni che avrebbero più gravemente inciso nella sfera dei termini di diritto sostanziale, ha circoscritto l’istituto ai soli termini processuali”, oltre a prevedere le “eccezioni” di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 742 del 1969. L’esigenza di non perseguire “in modo totalitario e incondizionato” lo scopo di concedere agli avvocati e procuratori legali (ed anche alle parti) il necessario riposo feriale ha condotto il legislatore alla “limitazione” qui in discussione e, cioè, alla previsione della sospensione dei soli termini processuali. La categoria “termini processuali” è servita, pertanto, al legislatore per non arrecare pregiudizi, ingiustificati ed “ulteriori”, rispetto a quelli “indispensabili” per il raggiungimento del necessario “riposo feriale”. (SENTENZA 22 MAGGIO 1987-13 LUGLIO 1987 DELLA CORTE COSTITUZIONALE)

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Assicurazione obbligatoria per gli Avvocati.

L’art. 12 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, stabilisce che “1. L’avvocato, l’associazione o la società fra professionisti devono stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti. L’avvocato rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa. 2. All’avvocato, all’associazione o alla società tra professionisti è fatto obbligo di stipulare, anche per il tramite delle associazioni e degli enti previdenziali forensi, apposita polizza a copertura degli infortuni derivanti a sé e ai propri collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza dell’attività svolta nell’esercizio della professione anche fuori dei locali dello studio legale, anche in qualità di sostituto o di collaboratore sterno occasionale. 3. Degli estremi delle polizze assicurative e di ogni loro successiva variazione è data comunicazione al consiglio dell’ordine. 4. La mancata osservanza delle disposizioni previste nel presente articolo costituisce illecito disciplinare. 5. Le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze sono stabiliti e aggiornati ogni cinque anni dal Ministro della giustizia, sentito il CNF”.

La norma predetta si sovrappone, con il carattere della specialità, a quella di cui all’art. 3, comma 5, lett. e), del D. L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella L. 14 settembre 2011, n. 148, avente sempre ad oggetto la assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile e riferita ai professionisti iscritti ad un Ordine Professionale, la cui entrata in vigore è fissata alla data del 13 agosto 2013.
In considerazione del superamento di tale norma dalla lex specialis posta dal richiamato art. 12, deve ritenersi che – per quel che attiene alla entrata in vigore dell’obbligo assicurativo – sia necessario farsi riferimento esclusivamente a tale ultima disposizione, onde l’obbligo in questione dovrà essere osservato allorquando il Ministro della Giustizia avrà emanato il decreto di cui al comma 5.

Tutti sanno che gli avvocati ad oggi non sono tenuti ad avvalersi di una assicurazione professionale. Tutti meno le compagnie assicurative, che inondano le e-mail di proposta a seguito dell’obbligatorietà.

Il CNF sta ancora studiando la soluzione assicurativa migliore per la categoria forense.
Sta ipotizzando, ad esempio, di porre una franchigia di € 1000,00. La cosa mi fa sorridere.

Per un decreto ingiuntivo, di fronte al GdP, liquidano oggi addirittura € 50,00. La liquidazione media in Tribunale, quando non compensano le spese, è di € 2000,00. Come è possibile, quindi, porre una franchigia di tale importo a fronte di quel guadagno ?
È come se l’avvocato riuscisse a sbagliare (e ad essere tenuto ad una responsabilità professionale) per importi pari ai proventi giudizialmente statuiti. Un avvocato, se sbaglia (e sicuramente sbaglia prima o poi: “l’avvocato migliore è quello che sbaglia di meno” si sa), lo farà più spesso per le piccole cose, mentre le situazioni più plateali si conteranno sulla punta delle dita.

Forse allora conviene togliere del tutto la franchigia giacché, se dovesse capitare il grave infortunio professionale, l’avvocato non starebbe chiaramente a guardare la franchigia. Sarebbe compromessa l’intera vicenda, l’intera causa. Il cui valore, mediamente, è ben superiore a € 1000,00 (nella “vecchia” tariffa forense lo scaglione più frequente era quello di € 5.000-25.000).

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Colleganza, questa sconosciuta.

Una vecchia canzone di Niccolò Fabi, intitolata “Dica”, faceva notare come quell’espressione, in apparenza cortese, celasse dietro un distacco (con chiaro taglio ipocrito) di chi veniva infastidito dall’altrui comportamento.
Tra noi avvocati non ci diamo del “lei” (a meno che non si voglia prendere le distanze dal Collega), e non ci diciamo “Dica”: però ci poniamo spesso in rapporto di conflittualità, o meglio, ci sono colleghi che si pongono in evidente distacco e poca partecipazione verso il prossimo professionista.
È il caso di questa mattina, in Viale Giulio Cesare.
Mi capita sporadicamente di venire all’alba (anzi, oggi anche prima) per riuscire a fare almeno una 20na di cose in Tribunale, tutte in una mattinata. Attività rigorosamente divise in almeno un’altra 20na di file. Al mio arrivo apprendo che sono, tra l’altro, quarto alle notifiche della civile, dietro una bella ragazza alla quale chiedo di potermi allontanare visto che la stessa sarebbe rimasta lì: lei mi suggerisce di rimanere e aspettare il prossimo per “evitare problemi con la fila”.
Ecco. Il punto sta qui. Dietro a quel suggerimento altruistico si cela il fastidio di dover tenere la fila al posto del Collega. Comprensibile, per carità. Ma perché non essere schietti e sinceri ?
Quell’argomentazione, infatti, non sta in piedi e al sottoscritto, purtroppo esperto in attività procuratoria, dà pure fastidio: tra Colleghi, infatti, esiste il c.d. principio di colleganza che impone agli avvocati di collaborare tra loro. Pertanto non ci sarebbero stati problemi con la fila, o almeno se fossero nati si sarebbero risolti.
Rimanere o meno in una fila, insomma, non dovrebbe creare litigi tra gli avvocati. Chi pone il problema, semplicemente, non vuole farti un favore. Ma che allora lo dica.

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